Coro Polifonica Friulana Jacopo Tomadini
di Massimo Gattullo
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L’anonimo “Accademico Filarmonico et Arcade”, identificato poi come il nobile dilettante veneziano Benedetto Marcello, censurò veementemente le “licenze” e “imprecisioni” che a suo dire si ravvisavano nella scrittura armonica di Antonio Lotti. Effettivamente l’estro armonico del Lotti tendeva a emanciparsi dai luoghi comuni consolidati nella prassi armonica barocca, ma nelle sue pagine si riscontra un uso sapiente e vario della tecnica imitativa, della fuga e dell’armonia, con un modo di trattare la modulazione molto personale e innovativo. La sua sintassi compositiva, che nulla ha da invidiare a quella altrettanto capricciosa e imprevedibile del conterraneo Antonio Vivaldi, è anticipatrice e molto spesso poco incline all’osservanza delle regole.
Tutto ciò si traduce in uno stile compositivo sempre finalizzato all’immediatezza comunicativa della parola e alla realizzazione di figure musicali pulsanti della sua volontà di comunicazione e dialogo; il tratto “impugnabant me gratis” di Ad Dominum cum tribularer è un chiaro esempio di illustrazione sonora delle parole, mentre il festoso “Amen” a chiusura di Laudate Dominum in Sanctis Ejus rappresenta una rinnovata testimonianza della volontà dell’artefice si misurarsi con costruzioni polifoniche complesse dando dimostrazione di dominarle con mano maestra.
François-Joseph Fétis (musicologo e compositore belga) scrisse «…il sentimento e l’espressione profonda, sono le qualità dominanti delle composizioni di Lotti. Il suo stile è semplice e chiaro e nessuno, in tempi moderni, ha meglio di lui compreso l’arte del far cantare le voci in modo così naturale. Nella musica sacra la sua superiorità sugli gli altri maestri del suo tempo è incontestabile» (1).
A sostegno, se mai ce ne fosse bisogno, del pensiero di Fétis, ecco l’entusiatica testimonianza dello storico inglese Charles Burney che nell’agosto del 1770, durante il suo viaggio in Italia, ebbe occasione di ascoltare in San Marco alcune composizioni sacre del Lotti e così le commentò: «In questa musica tutto era chiaro e preciso, nessuna confusione o note superflue […] Questo è lo stile veramente appropriato della musica sacra; non richiama alla memoria nulla di volgare, di leggero o profano e dispone lo spirito alla carità, spogliandolo da ogni passione grossolana e sensuale.» (2)
«Respingiamo l’immagine di un compositore occupato solo nello sterile esercizio accademico, per accreditare invece quella più esaltante di un Lotti, la cui opera sacra è costantemente permeata dal’ethos religioso e da una commossa, partecipe, intensa interpretazione espressiva della parola devozione che, prima ancora di divenir suono, è innanzi tutto preghiera e dunque veicolo privilegiato del rapporto con Dio» (3)
1 - F. Fetis, Biographie universelle des musiciens et bibliographie générale de la musique, Bruxelles 1835-44; Paris 1860-65
2 - C. Burney, Viaggio musicale in Italia. Ed. Italiana a cura di Enrico Fubini, Torino, 1979
3 - G. Acciai, Antonio Lotti Motetti a voci pari e dispari, vol. I, Ed. Suvini Zerboni, 1988
Il progetto musicale propone alcune composizioni di Antonio Lotti anticipate dalle relative antifone gregoriane:
Antifona gregoriana - Gustáte et vidéte
A. Lotti - Salmo 33 - Benedicam Dominum
1667-1740 (coro solo)
Antifona gregoriana - Cum his qui odérunt pacem
A. Lotti - Salmo 119 - Ad Dominum cum tribularer
1667-1740 (coro solo)
Antifona gregopriana - O vos ómnes
A. Lotti - Salmo 150 - Laudate Dominum 1667-1740 (coro solo)
Antifona gregoriana - Calicem Salutáris Accípiam
A. Lotti - Vulgate psalm 115 - Credidi 1667-1740 (coro e b.c.)
In apertura del concerto e a precedere il "Credidi" possono essere inseriti brani d'organo opportunamente contestualizzati per il periodo e lo stile compositivo;
"Credidi" può essere eseguito oltre che con l'accompagnamento del basso continuo anche con l'inserimento di un quartetto d'archi in raddoppio alle parti del coro (come prassi dell'epoca).